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venerdì 15 marzo 2024

FAUDA E BALAGAN — il Blog di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

ALFREDO DE GIROLAMO - Dopo un lungo periodo di vita vissuta a Firenze in cui la passione politica è diventata lavoro, sono tornato a vivere a Pisa dove sono cresciuto tra “Pantere”, Fgci, federazione del partito e circoli Arci. Mi occupo di ambiente e Servizi Pubblici Locali a livello regionale e nazionale. Nella mia attività divulgativa ho pubblicato i libri Acqua in mente (2012), Servizi Pubblici Locali (2013), Gino Bartali e i Giusti toscani (2014), Riusi: da rifiuti a risorse! (2014), Giorgio Nissim, una vita al servizio del bene (2016), SosteniAMO l'energia (2018), Da Mogador a Firenze: i Caffaz, viaggio di una famiglia ebrea (2019). ENRICO CATASSI - Storico e criminologo mancato, scrivo reportage per diversi quotidiani online. Svolgo progetti di cooperazione internazionale nei Paesi in via di sviluppo. Curatore del libro In nome di (2007), sono contento di aver contribuito, in piccola parte, ad Hamas pace o guerra? (2005) e Non solo pane (2011). E, ovviamente, alla realizzazione di molte edizioni del Concerto di Natale a Betlemme e Gerusalemme. Gli autori insieme hanno curato i seguenti libri: Gerusalemme ultimo viaggio (2009), Kibbutz 3000 (2011), Israele 2013 (2013), Francesco in Terra Santa (2014). Voci da Israele (2015), Betlemme. La stella della Terra Santa nell'ombra del Medioriente (2017), How close to Bethlehem (2018), Netanyahu re senza trono (2019) e Il Signor Netanyahu (2021).

Israele: resa di Hamas e dimissioni del ministro

di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - giovedì 15 novembre 2018 ore 11:03

Avigdor Lieberman

Al confine di Gaza è tregua tra israeliani e palestinesi, dopo un intenso scambio di lancio di razzi e missili tra le parti. Netanyahu e Hamas non vogliono una escalation, lasciando campo alla mediazione egiziana premono su fronti opposti per il cessate il fuoco. “Calma” nel giorno dell’ultimo round del voto amministrativo. 

Nella corsa per la poltrona di Gerusalemme vince il candidato della destra e dei religiosi. Moshe Lion, espressione di un vasto blocco di partiti che andava dagli ortodossi dello Shas ai nazionalisti di Israel Beitenu, si è imposto con un vantaggio del 3% su Ofer Berkovitch, astro nascente della politica israeliana. Una sfida dove il giovane politico gerosalemitano, dato per perdente nei pronostici della vigilia, ha provocato non pochi timori alla macchina elettorale di Lion. Alla fine missione fallita per Berkovitch, anche se i dati premiano il partito da lui fondato Hitorerut quale forza più votata. Una campagna elettorale con ripercussioni turbolente sul piano nazionale. Bruciante sconfitta per Netanyahu, il candidato che godeva del suo appoggio è uscito di scena al primo turno. Lasciando fuori dai giochi il “falco”, che non si è nemmeno presentato al seggio. 

Rientrato a Gerusalemme ad urne chiuse, non ha rilasciato nessun commento. Ha poi voluto complimentarsi con i sindaci eletti nelle file del Likud in quest’ultima tornata elettorale. L’effetto Gerusalemme apre un caso, la destra dimostra di poter fare a meno del suo leader indiscusso per mettere in piedi una larga e variegata coalizione. Il clima è teso nella maggioranza di governo prossima all’implosione: divergenze insanabili tra il premier e Avigdor Lieberman sulla questione della gestione della crisi di Gaza hanno portato alle dimissioni il ministro della difesa e l’uscita del suo partito dal governo. 

Una coalizione già a rischio di frantumazione alla vigilia della presentazione di un pacchetto di emendamenti non graditi ai partiti religiosi. Nel Likud c’è chi lavora nel tentativo estremo di usurpare il suo trono. Le inchieste della magistratura incalzano la famiglia e potrebbero ripercuotersi sui sondaggi. Mentre dalla sua può saldamente contare sul fatto che nell’opposizione non esiste un reale avversario. Tutto questo potrebbe convincere il longevo politico a scegliere la via delle elezioni anticipate. Il dubbio resta. Nelle passate settimane ironicamente si profetizzavano tre date storiche imprevedibili per la Terra Santa: la presentazione del piano di pace di Donald Trump, l’arrivo del Messia e quando Benjamin Netanyahu avrebbe indetto il voto. Aggiungendo che Trump e il Messia potevano aver già deciso, Netanyahu ancora no. In queste ore forse ci pensa con insistenza, altrimenti per lui c’è il rischio di prendere atto della sconfitta in aula.

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