Doppi sensi
di Libero Venturi - domenica 08 settembre 2019 ore 07:30
Lo so che oggi è l’8 Settembre, una data che nel 1943 fu decisiva per il riscatto del nostro Paese dal nero ventennio fascista e per il suo cammino verso la democrazia. Non dobbiamo dimenticarlo mai, tanto più oggi in presenza di rigurgiti neo fascisti, perfino neo nazisti e neo razzisti, in Italia e in Europa. Dobbiamo ricordarlo perché quella tragica storia non si ripeta.
Tuttavia mi sono ripromesso di alternare cose serie e facete, riuscendo a dire noiose bischerate in entrambi i casi. E così darò sfogo alla voglia di leggerezza, che raramente mi prende, perché non si disperda del tutto, ingravescente aetate, parlando in qualche modo del linguaggio e della comunicazione che attraverso di esso si esprime. Il linguaggio è importante, è tutto nella vita di relazione che conduciamo. La vita di relazione nasce con la comunicazione, senza di essa non dispiega il suo senso compiuto. Il linguaggio è così significativo che dà alla nostra complessa esistenza comune più di una semplice interpretazione. È il caso dei doppi sensi che una frase può assumere.
A questo proposito riporto una testimonianza che ho raccolto, quella dell’impiegata di un servizio pubblico che, tra le altre incombenze, è addetta all’apertura della porta dell’ufficio, regolata dal “biodigit”: una fantastica innovazione tecnologica, un meccanismo moderno, che consente l’ingresso e garantisce la sicurezza, basandosi sull’impronta di riconoscimento e di schedatura digitale.
Però, tralasciando altre riflessioni connesse alla privacy, la cosa più complicata è riuscire a dare una spiegazione a chi lo utilizza in maniera errata, senza incorrere in doppi sensi. Perché sono da evitare frasi che finirebbero inevitabilmente a rischio di risposta da “Vernacoliere”, visto che abbiamo a che fare in prevalenza con toscani che nei doppi sensi amano sguazzare. Anzi, forse li hanno inventati proprio loro.
Infatti, poiché molti non capiscono bene cosa devono fare per entrare, a causa dell’uso maldestro del biodigit, l’impiegata, sorridendo, si accinge, solerte, a spiegare:
– Lo deve inserire nell’apposita fessura, il dito.
Sennonché la frase si presta a maliziose o volgari interpretazioni, quando non a prese di giro per l’espressione, magari giudicata eccessivamente leziosa. Allora, più prosaicamente, la nostra diligente impiegata prova a dire:
– Il dito, lo metta nel buco.
Peggio Palaia! Troppo sfrontato, in bocca a una signora poi...
– Ce lo deve tenere pigiato.
Nemmeno.
– Ce lo deve tenere di più.
Macché, forse è meglio:
– Ce lo deve appoggiare bene.
Ma meglio per niente!
– Il pollice non lo sente, ci vuole l'indice.
Niente da fare, comunque la si giri, non ci si levano le gambe: qualsiasi frase, anche la più innocente, incorre in malintesi doppi sensi. Così la soluzione, nell'attesa di formulare una frasetta pudica ed efficace, è aprire a tutti. In barba alla sicurezza e al biodigitale. A dimostrazione che, senza le parole giuste, nemmeno la più avanzata tecnologia può niente. Anzi, recede.
E, del resto, dove mettere il dito non si sa mai. Non tra moglie e marito, non certo in un occhio. Tantomeno nella piaga. Per una visita prostatica invece lo mettono e non vi dico dove. Il nuovo governo dove lo metterà? Intendo dire, dove rivolgerà la sua attenzione ed azione? Il dito si usa per chiedere un passaggio, chiamare il cameriere, chiedere di andare in bagno. Serve sopratutto per indicare qualcosa: un problema o la sua soluzione, il cammino e la strada da percorrere, un porto a cui approdare, se è aperto, il filo dell’orizzonte che sfuma man mano che si avanza, quando si avanza. Poi c’è quella storia del saggio che indica la luna allo stolto che guarda il dito.
È una questione di senso, non senso o doppio senso. E torniamo al dito e l’impronta che lascia per aprire porte chiuse. È comunque sempre un problema di linguaggio e del cervello che lo crea e lo interpreta. E allora attenzione, perché il cervello spesso va dove gli pare e, quasi sempre, nel posto sbagliato. Dopo una certa età di sicuro. Anche peggio del cuore, il che è tutto dire. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi
Pontedera, 8 Settembre 2019
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Ringrazio A.T. per questo scritto. A lei si deve la parte più brillante, il peggio l’ho aggiunto io.
Libero Venturi