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giovedì 12 dicembre 2024

PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

Pandemia

di Libero Venturi - domenica 15 marzo 2020 ore 07:30

Per la nostra comune gioia e dato che in questi giorni si sta in casa e non si parla d’altro, in attesa che passi «’a nuttata», perché ‘a nuttata «ha da passa’», ecco un edificante ed impreciso sommario delle principali epidemie e pandemie che ci hanno colpito nel corso del tempo.

«Peste nera», XIV secolo, (1346-1353). Fu originata per contagio da un batterio -dal greco «bastoncino»- trasmesso dai ratti all‘uomo attraverso le pulci. Diffusasi probabilmente dal nord della Cina, passando da Siria, Turchia, Grecia, Egitto, Penisola Balcanica, approdò in Sicilia e a Genova, dilagando in tutta Europa. La popolazione del nostro continente, fu falcidiata, riducendosi di un terzo. Stimate 20 milioni di vittime. La peste causò movimenti oscurantisti, superstizioni, fanatismo religioso, ignobili persecuzioni alla ricerca di capri espiatori. Però l’epidemia segnò, secondo molti storici, anche il passaggio definitivo dal Medio Evo al Rinascimento, nel senso che le cognizioni igieniche, medico scientifiche furono aggiornate e la ripresa dal morbo determinò una volontà di rinascita nelle classi sociali emergenti che dette luogo ad avanzamenti e nuove conquiste. In una parola: progresso.

«Spagnola», virus -dal latino «veleno»- di origine suina denominato H1N1. Si diffuse nel 1918-1920. Su una popolazione mondiale di 2 miliardi, causò 50 milioni di morti. Stime attuali si attestano addirittura tra 50 e 100 milioni di vittime. In Italia i contagiati furono 4 milioni e mezzo, su una popolazione di 36 milioni e i morti 375 mila, ma secondo alcune stime potrebbero essere stati quasi il doppio. L’influenza provocava una reazione eccessiva del sistema immunitario per cui morirono i più giovani e sani e meno bambini e vecchi con sistema immunitario più debole. Sulla sua diffusione influirono anche le condizioni del mondo uscito dalla Grande Guerra, rispetto alla cui carneficina l’infezione causò ancora più morti. Un veicolo del contagio furono infatti i contingenti militari. Per un’antesignana influenza della comunicazione, la Spagnola si chiamò così non in quanto originaria della penisola iberica, ma perché la Spagna non partecipava al conflitto mondiale e i suoi giornali non erano soggetti alla “censura” vigente in periodo bellico negli altri paesi, perciò la stampa spagnola fu la prima a darne notizia e l’epidemia portò per sempre quel nome. (Fonte Il Messaggero Veneto)

«Asiatica», virus H2N2, origine aviaria. Scoppiata nel 1957-60, contagiò tra il 10 per cento e un terzo dell’intera popolazione mondiale. Causò circa 2 milioni di morti nel mondo. Morirono molti giovani. Probabilmente i più anziani erano sopravvissuti alla Spagnola e avevano accumulato più anticorpi. In Italia contrasse la malattia un italiano su due, 26 milioni di persone, tra cui l’85 per cento della popolazione tra i 6 e i 14 anni. Contagiata anche la moglie del Presidente della Repubblica, il “nostro” Giovanni Gronchi. Tuttavia l’epidemia non assurse mai in Italia agli onori della cronaca: la DC e la neonata Rai predicavano il non allarmismo. Il PCI dalle pagine dell’Unità accusò di grave sottovalutazione il Governo del democristiano Adone Zoli: «Si doveva e si poteva fare di più». Con una mortalità stimata inferiore allo 0,2 per cento, cioè 0,2 morti ogni cento persone contagiate, l’influenza Asiatica fu comunque ben più pericolosa di una normale influenza stagionale, che ha una mortalità in genere dello 0,01 per cento e solitamente viene contratta dal 10-15 per cento della popolazione. In Italia, le morti causate dall’Asiatica furono stimate in circa 30 mila. (fonte il Post)

Tra il 1968 e il 1969 scoppiò una nuova pandemia influenzale. Anche questa volta il contagio proveniva dall’Asia. Il virus responsabile venne battezzato H3N2 e l’epidemia che causò divenne nota come «influenza di Hong Kong», o «influenza spaziale» a partire dall’inverno del 1969. Pochi mesi prima, a luglio, il primo uomo era sbarcato sulla Luna. Le due ondate principali che colpirono l’Italia, nell’inverno del 1968-69 e in quello successivo, contagiarono circa un terzo degli abitanti, tra i 10 e i 13 milioni di persone -il doppio di una normale influenza stagionale- e causarono probabilmente circa 20 mila morti, mentre in tutto il mondo morirono più di un milione di persone. (fonte il Post)

Sorvoliamo sul morbo della «Mucca Pazza» (Bse, Bovine Spongiform Encephalopathy) diagnosticato nel Regno Unito nel 2001. Possibile causa di malattia degenerativa neurologica nell’uomo, venne in seguito assai ridimensionato. Produsse in totale nel mondo 163 morti.

«Sars», (Severe acute respiratory syndrome), coronavirus. Si verificò nel 2002-2003. Virus forse derivato dai pipistrelli con gli zibetti vettori intermediari. I decessi totali furono 774.

«Aviaria», derivazione da uccelli selvatici e domestici. Ebbe inizio nel 2005. Colpì il Sud est asiatico e il Canada: fino al 2009, le vittime sono state 397, secondo l’Oms, Organizzazione mondiale della sanità.

«Febbre suina» del 2009, virus H1N1. Primi focolai in Messico e in India. Nel mondo oltre 18 mila i morti. Ma altri dati aggiornati dell’Oms parlano di cifre 10 volte superiori.

Citiamo, tra i virus endemici nelle varie arie del mondo, «l’Ebola», tuttora in corso, con 1069 morti in Africa. Appare un’epidemia più circoscritta perché sembra si sviluppi per contatto e non per via aerea. Tranne qualche eccezione la consideriamo un pericolo lontano. Come ci riguardasse meno.

Ed eccoci all’oggi, al coronavirus denominato «Covid-19», epidemia oggi dichiarata pandemia dall’Oms, esplosa nella Cina centrale, nella città di Wuhan. Un virus ancora non ben conosciuto, di origine animale con probabile trasmissione dal pipistrello, forse per tramite del pangolino, all’uomo. Questi i numeri del contagio (dati 14 marzo 2020). Nel mondo: 140.291 contagiati, 69.779 guariti 5.088 morti. In Italia: 14.955 positivi, 1.439 guariti, 1.266 deceduti. La pandemia sta registrando una prima battuta d’arresto nei focolai iniziali di Wuhan, in Cina e, in Italia, nel Comune di Codogno, ma è in espansione nel resto del mondo e dell’Italia stessa.

Come si vede dai dati, desunti da fonti governative, di stampa e ufficiali, il Covid-19 al momento non è tra le pandemie più letali rispetto ad alcune delle epidemie che hanno colpito il mondo ed il nostro paese. Allora perché ci fa così paura ed impone misure drastiche, quali quelle assunte dalla Cina e dal nostro Governo? Forse perché in un mondo globale dove anche la conoscenza, per quanto possibile, è globale, questo virus non è ancora del tutto conosciuto. Nel senso che non sappiamo precisamente come curarlo, non esiste ancora un vaccino. I virus, come noi, mutano, si indeboliscono e si rafforzano. Finirà che questi microscopici esseri diventeranno i nostri “nemici” più agguerriti. Sono nostri alleati invece in un film di fantascienza: «La guerra dei mondi». La specie aliena che invade il pianeta fino a soggiogarlo, piegandone la resistenza armata, viene distrutta dagli invisibili virus che popolano la Terra contro cui non hanno anticorpi e difese, acquisiti invece dalla razza umana nel corso dei secoli, «perché gli uomini non nascono e muoiono invano». Gli indiani nativi delle Americhe furono annientati, oltre che dalle guerre di conquista degli europei, anche dalle malattie trasmesse dagli invasori, per cui non avevano geni immunitari. E il coronavirus ci spaventa anche perché in passato, ai tempi della Spagnola e dell’Asiatica, il mondo non era globale come quello odierno per quanto concerne l’economia, i trasporti, le comunicazioni e gli stessi stili di vita. Tutto viaggiava ad una velocità assai più bassa e minore era la conformità dei comportamenti. Anche un virus impiegava di più a diffondersi e avevamo più tempo per parlarne e, sopratutto, approntare vaccini e cure efficaci.

Ogni anno l’influenza invernale uccide tra 250 e 500 mila persone nel mondo. In Italia tra il 2007 e il 2017 l’influenza è stata la causa iniziale di morte per un totale di 5.060 decessi, una media di 460 all’anno (dati AGI). Per molti virus influenzali oggi esistono i vaccini e quindi la loro paura è più contenuta. Per contro si sono sviluppati nel nostro paese populista perfino movimenti antiscientifici “No Vax”.

Finora nessun' altra nazione europea in cui il coronavirus si è diffuso ha adottato le stesse draconiane restrizioni dell’Italia. Forse perché il contagio è ancora più indietro o più basso -cosa che non credo- forse perché i loro sistemi di rilevazione sono diversi o più blandi, forse perché il loro approccio è differente e non vuol essere allarmista. Non penso che siano eticamente peggiori di noi, cioè che non abbiano a cuore la loro salute, rispetto al loro benessere economico. Vedremo in un prossimo futuro come evolveranno le cose e se ci sarà stata sottovalutazione oppure sopravvalutazione della pandemia.

Le misure a cui gli italiani sono sottoposti e che devono seguire -e a questo punto è bene che lo facciano- aggraveranno la situazione economica sociale del Paese. Riemergeremo, almeno in una prima fase, ancora più deboli, poveri e indebitati e speriamo che valga l’incipit della canzone «Tanto pe’ canta’» dei compianti Petrolini o Manfredi: «Basta ‘a salute e un par de scarpe nove, poi girà tutto er monno» che continuava «e m’accompagno da me...». Quantomeno bisognerà accompagnarsi fra tutti e non solo fra noi italiani.

Lo stress fa perdere i freni inibitori. Nel negozio degli alimentari ho sentito proclamare ad alta voce da un cliente: «Si tornerà al baratto!». Detto dal proprietario del più caro e miglior negozio di abbigliamento cittadino, verrebbe da rispondere: «Magari!». Ma non dobbiamo banalizzare le difficoltà di nessuno. In compenso un inserviente se n’è uscito con un imperdonabile: «Siamo troppi, ci vorrebbe una guerra!». Come se di guerre non ce ne fossero già a sufficienza, anche non lontano da noi.

E invece a me commuovono le telefonate al Sindaco di Milano dei benestanti che annunciano sostegni economici al Comune. Sono benestanti -buon per loro e anche un po’ accidenti a loro- lo so che non basta, anzi, tutto ciò che comunque mantiene gravi diseguaglianze per me resta ingiusto, ma, insomma, meglio così. Perfino il crowdfunding raccolto dal duo Fedez-Ferragni è cosa buona, o almeno rende cosa buona un’esposizione social, spesso così assurda. E i concerti, le opere di divulgazione in rete di molti cantanti, di personalità della cultura e di operatori dell’istruzione da casa loro. E le donazioni messe in atto da imprese mondiali, anche dalla Cina, in favore della sanità pubblica italiana per cui certamente occorreranno robuste iniezione di personale, attrezzature e posti letto che compensino i tanti tagli operati a danno dello Stato Sociale, anche in veste di “razionalizzazioni”. Così come mi hanno toccato, all’inizio del contagio di Wuhan, nel periodo in cui tutto era ancora aperto e si poteva circolare, la compostezza della signora cinese che nel suo negozio indossava già una mascherina e la sarta cinese, che ci accomoda i vestiti, che ha chiuso il negozio assai prima dei provvedimenti governativi. Forse per mancanza di clienti o forse per rispetto. E mi ha intenerito e sollevato un moto di solidarietà la ragazzina di Amazon, attrezzata con guanti e mascherina, che mi ha recapitato un pacco, lasciandolo in fondo alle scale e dalla strada quasi si scusava per le modalità della consegna. Se pensiamo a tutti i lavoratori, a quelli della sanità in primo luogo, il cuore si stringe e vengono le lacrime agli occhi per la riconoscenza e la gratitudine. E gli inquilini affacciati ai balconi dei palazzi di Portici, con le finestre accese nella notte, che cantano «Abbracciame»! Perché, come dicono i senegalesi, «l’uomo è il rimedio dell’uomo» e non il suo contagio.

In un altro film di fantascienza, «Starman», un alieno piovuto sulla Terra dice di noi umani che siamo una specie strana: «date il meglio di voi nei momenti peggiori». E forse è vero, perché noi siamo questo o non siamo. Siamo la foto di Bartali e Coppi sul passo del Galibier, al Tour de France del ‘52, che si passano la borraccia. E non si saprà mai chi la passò all’altro. Non ha mai avuto nessuna importanza. Buona domenica e buona fortuna.

Pontedera, 15 Marzo 2020

Libero Venturi

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